Pampapato

Ferrara, come altre città italiane, vanta un suo pane arricchito di spezie e frutta secca risalente all’epoca rinascimentale: un documento mostra che nel 1465 il Duca Borso d’Este diede disposizioni di inserire un ducato d’oro all’interno di un panpepato da offrire agli invitati ad un banchetto. Non è peraltro ancora stato appurato se il dolce sia nato nei conventi delle monache di clausura del Corpus Domini di Ferrara, allo scopo di farne dono ad eminenti personalità, oppure alle corti estensi.

Una caratteristica del pampapato (con la “m”) di Ferrara è la tipica forma a calotta creato in occasione del banchetto del Cardinale Ippolito II d’Este. Questa forma che richiama lo zuccotto ecclesiastico deve aver contribuito alla diffusione del nome “pampapato” (considerato degno del consumo da parte del Papa).

L’antico pampepato o pampapato era comunque diverso da quello attuale. Cristoforo da Messisbugo descrive infatti un panpepato di solo zucchero e miele, farine, mandorle, spezie e canditi. L’attuale pampepato nasce dalla maestria dal pasticciere, di origini milanesi, Guido Ghezzi che nel 1902, avendo maturato una grande esperienza di cioccolatiere in Svizzera, fa ricoprire il pampepato con una glassa al cioccolato.

Questo dolce, tipico del periodo natalizio, preparato durante il mese di novembre affinché dopo la cottura riposi alla nebbia in grado di donargli maggiore morbidezza, vuole rappresentare al meglio la ricchezza e raffinatezza della Ferrara rinascimentale.

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